Pagina:Le Istorie Trentine in compendio ristrette 1847.djvu/67


67

patria. Faccia Dio che qualche altro Festino non abbia a sorgere fra noi! Che questi Festini apportano più danni alla patria loro che una pestilenza!

Più cose potrebbonsi dire volendo parlare delle novità qui da' Romani introdotte circa le dottrine religiose, le cerimonie del culto, e i suoi ministri. Ma qual utile si trarrebbe poi dall'avere esatte notizie intorno a quelle miserie! Troppo ne scrissero già molti, più pagani che cristiani, senz'altro frutto che esaltare l'immaginazione de' Lettori, e insinuar loro sentimenti di ammirazione per ciò che si dee compiangere come effetto dell'ignoranza delle genti, e invenzione de' furbi e malvagi che le ingannavano. Poco dunque io ne dirò, e tuttavia quanto basta.

All'antichissimo culto di Saturno aggiunsero i Romani quello de' loro Dei, non già di tutti, ch'erano tanti da non potersi fare loro le spese; o bensì di tutti, ma in grosso, erigendosi altari Diis Deabusque (agli Dei e alle Dee) acciocché peravventura qualcuno trovandosi non curato, non avesse a montare in collera, e fare qualche precipizio! Saturno però, come più vecchio di parecchi altri si tenne in possesso di tutti que' diritti che gli erano stati accordati dall'umana ignoranza e miseria. Troveremo che esso aveva ministri al suo culto e adoratori zelantissimi spezialmente nella Naunia e in Rendena.

Non consta che tra noi si erigesse alcun tempio ad Imperatori divinizzati; ma non è da dubitare che l'adulazione o la paura non abbian fatto in qualche modo quello ch'è di loro costume. Zelanti per interesse o per timore non mancano mai in nessun luogo.