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credersi che, in proporzione d’ampiezza, di abitanti, e di mezzi, sia stata pari quella dell’altre valli. I Romani protessero da principio l’agricoltura, e i loro coloni contribuirono a darle credito e incoraggiamento portandola anche tra noi a notabile grado di perfezione. Qui non furono mai possessori di vasti poderi lavorati negligentemente da miseri schiavi. Le terre furono, come sono tuttora, divise tra molti, e quindi coltivate per la più parte con amore, e fervore. E quando non venivano i Barbari a rubare grano e bestiame, chi ne aveva in avanzo poteva con utile venderlo in città, o farne smercio a quelli ch’erano incaricati di fornire di viveri i presidii de’ castelli e gli eserciti, se però i fornitori erano giusti.

Di Trentini che durante il governo de’ Romani siensi per onorate opere distinti non trovo fatta menzione. Ammiano Marcellino ce ne fa conoscere uno, del quale saria bene tacere, se non fosse dovere dell’Istoria l’imparzialità. Costui chiamavasi Festino. Era di bassa condizione. I suoi talenti, e ’l suo prudente contegno gli furono di tale raccomandazione che giunse ad ottenere il carico di amministrare la Siria; e per li meriti quivi acquistatisi fu promosso alla sublime dignità di Proconsole in Asia. Ma per sua sventura ebbe a Signore Valentiniano primo, principe avaro, insensibile, ostinato, che poi morì in conseguenza di un veemente trasporto di collera, e l’ambizione gli fece contrarre strette relazioni con un certo Massimino, uomo superbo e crudele. Festino si fece imitatore dell’amico e del padrone, e disonorò con molte sceleraggini e atrocità il nome suo e della