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LIBRO VENTESIMO | 285 |
altre differenti opinioni, che ora sarebbe inutile enumerare[An. dell’E.V. 360]; sospingendoci la nostra narrazione di ritornare donde abbiam digredito. L’Imperatore adunque da tutte coteste cose era agitato fra la speranza e il timore: l’inverno avanzavasi sempre più, e in quei siti montuosi dovea stare mai sempre in sospetto d’insidie; oltrecchè temeva anche un qualche tumulto da parte degl’inaspriti soldati. Soprattutto poi lo cuoceva il pensiero che avendo aperta, per così dire, la porta di una ricca magione, si vedeva costretto di ritornarsene senza alcun frutto. Per la qual cosa, lasciando l’inutile impresa, si ricondusse nella Siria per isvernare in Antiochia, dopo avere sofferto, come dicemmo, atroci danni e da sentirne lungo dolore. Perocchè quasi per influsso di un’avversa costellazione addivenne che ogni qualvolta Costanzo combatte personalmente contro ai Persiani gli toccasse la peggio. Quindi desiderava di vincere almeno per mezzo de’ suoi generali, ciò che troviamo essergli qualche volta incontrato.
fine del libro ventesimo
saggiera degli Dei. Del resto sarà appena necessario l’avvertire che la buona fisica non s’accorda colle idee del nostro autore intorno al fenomeno dell’arcobaleno. Io poi, nelle difficoltà che presenta il testo per essere anche in più luoghi di corrotta lezione, ho seguitato principalmente il Wagner.