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LIBRO DECIMOQUARTO 7

che per pianissime vie, con saette e con gridi grandissimi[An.dell’E.V. 353] ferendo dall’alto e spaventando coloro coi quali s’incontrano. E spesse volte i nostri fanti per seguitarli furon necessitati di salire alti gioghi: ma quand’anche sdrucciolando, e attenendosi con le mani agli arboscelli od ai dumi pervenissero alla cima, non potendo in quelle strette vie e sconosciute, nè mettersi in ordinanza, nè sicuramente fermare il piede, erano il più delle volte uccisi, correndo il nemico al di sopra, e facendo precipitar giù massi grandissimi che dirompevano dalle rupi, per modo che non era sicuro neppure il fuggire alla china; o trovandosi costretti dall’ultima necessità a combattere, erano oppressi dalla gravezza delle rovine. Laonde fu poi proceduto con grandissima cautela; e quando que’ predatori occupavano le alture dei monti, i nostri soldati per lo svantaggio del luogo si ritraevano; e quando invece veniva fatto di coglierli al piano (il che di frequente accadeva) li trucidavano a guisa di pecore inerti, senza dar loro tempo nè di menare le mani, nè di vibrare quei due o tre dardi che portavano seco. Temendo adunque cotesti ladri di stare nella Licaonia, per essere quella in gran parte pianura, e conoscendo per molte esperienze che il combatter coi nostri a campo aperto non tornava loro sicuro, se n’andarono per obliqui sentieri nella Panfilia; la quale benchè da gran tempo non fosse stata assalita, nondimeno per la paura delle ruberie e delle uccisioni, era però ben guardata in ogni parte da grossi presidii. Affrettandosi adunque costoro, per prevenire colla celerità del viaggio la fama del lor movimento, mentre fidandosi troppo nella forza e leggerezza del corpo, si metton per sinuosi sentieri, pervennero alle cime de’ monti