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LIBRO DECIMOTTAVO 205

duto non di mio volere ma di necessità in questa colpa[An. dell’E.V. 359] ch’io pure riconosco e confesso. Ben sai che i miei persecutori mi hanno costretto alla fuga; all’avarizia dei quali non potè resistere neppure la tua eccelsa fortuna impietosita delle mie miserie. Così dicendo si ritrasse; ma nel togliersi dal nostro aspetto non voltò già le spalle, bensi camminava rispettosamente a ritroso, col petto sempre rivolto a noi. E mentre codeste cose avvenivano nel breve spazio d’una mezz’ora, i nostri soldati del retroguardo, i quali trovavansi sulle parti più elevate del colle, gridando ci avvisarono d’aver veduta un’altra grandissima moltitudine di corazzieri che loro si appressava alle spalle. E stando noi, come suole avvenire in somiglianti occasioni, a pensare da qual lato dovessimo o potessimo muoverci, sospinti dal peso di un’immensa plebe, ci trovammo tutti sbandati in diverse parti: e mentre ciascuno si sforza di sottrarsi al gran pericolo che lo minaccia, dispersi chi qua e chi là fummo tutti confusi col nemico che da più parti correva sopra di noi. Allora deposto ogni desiderio di vivere e combattendo da forti ci ritraemmo fino alle dirupate sponde del Tigri: quivi alcuni a precipizio sospinti, si trovaron dal peso delle armi impacciati e trattenuti dove le acque del fiume eran basse; altri assorti dai gorghi vi si perdevano; alcuni affrontando il nemico pugnavan con vario successo; ed altri finalmente atterriti dalla densità delle schiere avversarie si rifugiavano sulle alture del Tauro vicino. Fra i quali essendosi riconosciuto anche il nostro generale, fu subito circondato da grande schiera di assalitori; ma, grazie alla celerità del cavallo, usci del pericolo col tribuno Ajadalte e con uno scudiero. In quanto a me poi, mentre deviato dal sentiero che i compagni bat-