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LIBRO DECIMOTTAVO 199

te, il re Longevo1, non contento dell’Ellesponto,[An. dell’E.V. 359] gettando ponti sul Granico e sul Rindaco verrà ad invadere l’Asia con popoli numerosi; irritabile e durissimo uomo già per sè stesso, consigliato poi e stimolato all’impresa dal successore di Adriano principe che fu di Roma: se la Grecia non si guarda, tutto è finito per essa. Le quali parole significavano che il Re dei Persiani, valicando il fiume Anzaba ed il Tigri per esortazione di Antonino, aspirava al dominio di tutto l’Oriente. Però come s’ebbe letta, non senza gravissima difficoltà, quell’ambigua scrittura fu preso un prudente consiglio. Era in quel tempo Satrapo della Corduena, la quale ubbidiva alla podestà dei Persiani, un certo Gioviano vissuto mentre era fanciullo sul territorio romano e però occultamente a noi inclinato, come colui che, essendo stato già tempo nella Siria in qualità di ostaggio e dilettandogli la dolcezza degli studii liberali, ardentemente agognava a ritornare fra noi. Ora essendo io spedito con un fidatissimo centurione a costui per esplorare più addentro quello che i nostri nemici facessero, viaggiando per monti dove non erano strade, e per angustie piene di precipizii, finalmente vi giunsi. E visto e riconosciuto da lui ed accolto piacevolmente, poich’ebbi confessata a lui solo la vera cagione di quel mio viaggio, mi fu data una scorta fedele e pratica di que’ luoghi, la quale mi conducesse a certe lontane rupi elevate, d’onde se a tanto, mi bastasse la forza degli occhi avrei potuto vedere minutamente ogni cosa per lo spazio di cinquanta miglia. Colà ristemmo due giorni, e nel terzo essendo apparsa la chiara luce del sole vedemmo tutta la soggetta pianura, o come

  1. Cosi vien detto Sapore anche altrove da Marcellino.