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186 | AMMIANO MARCELLINO |
sero prontamente quanti dei nostri avevan menati prigioni delle frequenti loro scorrerie.[An. dell’E.V. 359]
III. Mentre che una provvidenza celeste moderava così queste cose nelle Gallie, nuove turbolenze levaronsi nella corte d’Augusto, le quali da principio leggiere finirono poi con pianti e lamenti. Nella casa di Barbazio, allor generale dell’infanteria alcune api avevano fatto un bellissimo favo: e consultando egli sopra di ciò coloro che s’intendono di prodigi, gli fu risposto quello essere indizio di gran pericolo; e n’assegnavano questa ragione, che quegl’insetti quando hanno fabbricate le loro sedi e depostovi il mele soglion essere discacciati con fumo e con gran fracasso di cembali. Barbazio aveva in moglie una donna per nome Assiria, la quale non sapeva nè tacere nè esser prudente. Costei, quando Barbazio se ne fu andato alla spedizione non senza aver l’animo pieno di vario timore per quella predizione, sospinta da femminil leggerezza coll’opera di un’ancella perita nell’arte delle cifre e toccata a lei dall’eredità di Silvano1, scrisse intempestivamente al marito, pregandolo con molte lagrime, affinchè quando, dopo la morte già vicina di Costanzo, fosse innalzato come sperava all’imperio, non volesse tenerla a vile anteponendo il matrimonio di Eusebia già regina e ragguardevole fra le donne per la bellezza del corpo. Questa lettera fu spedita quanto più si potè di nascosto: ma la servente che l’aveva scritta sotto la dettatura della padrona, quando tutti furon tornati da quella spedizione, fuggi nel primo sonno della notte ad Arbezione portandone seco un esemplare; e ricevuta da lui con grande sollecitudine, gli mostrò quella carta. Il quale
- ↑ Di costui parlò l’Autore nel lib. xv, cap. 5.