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LIBRO DECIMOTTAVO 185

gnoni, quivi si piantò il campo; per potervi ricevere[An. dell’E.V. 359] senza sospetto Macriano ed Ariobaudo fratelli e re, i quali sentendo che lor s’appressava il pericolo eran venuti tremando a pregarci di pace. Subito dopo costoro venne anche il re Vadomario che aveva la sua stanza rimpetto a Rauraco; ed allegando alcuni scritti di Costanzo nei quali era fortemente raccomandato, fu accolto con quella dolcezza che si conveniva ad un uomo già ascritto dall’Imperatore alla clientela romana. Macriano frattanto introdotto in compagnia del proprio fratello fra le aquile e le insegne ch’egli vedeva allora per la prima volta, ammirava la varia bellezza delle armi e dei soldati, e pregava in favore de’ suoi soggetti. E Vadomario già pratico delle cose nostre, come colui che abitava presso al nostro confine, ammirava anch’egli l’apparecchio di quella grande spedizione, ma rammentava di aver già vedute di simili cose fin dalla prima fanciullezza. Quindi dopo lunghe deliberazioni, per consentimento di tutti fu accordata la pace a Macriano e ad Ariobaudo: a Vadomario poi il quale era venuto, non solamente per provvedere alle cose sue, ma sì ancora per ottenere la pace ai re Urio, Ursicino e Vestralpo, non si potè per allora rispondere: temendosi che costoro (essendo i Barbari d’instabile fede) ripigliando coraggio, tostochè i nostri si fossero allontanati, non ricusassero poi di ubbidire a que’ patti che avessero stabiliti per interposizione d’altrui. Ma quando poi dopo essersi vedute incendiare le messi e le case, dopo che molti dei loro furono presi od uccisi, mandaron legati a supplicarci come se avessero eglino stessi commesse le dette ostilità contro di noi, fu data anche a loro la pace con quelle condizioni che agli altri. E sopra tutto si domandò che restituis-