tati i re tutti ed i principi e i grandi signori li tenne presso di sè fino alla terza vigilia,[An. dell’E.V. 359] producendo sino a quell’ora il banchetto, secondo il costume nazionale. Partendosi poi costoro da lui furono improvvisamente assaliti dai nostri; ma gittandosi eglino col favor delle tenebre e dei veloci cavalli dovunque il caso li trasportava, non ne rimase nè morto nè preso pur uno: ben furono uccisi tutti que’ del convoglio e tutti i servi che li seguitavano a piedi, fuor pochi sottratti al pericolo dalla oscurità di quell’ora. Conosciutosi per tal modo il passaggio dei Romani, i quali allora del pari che in tutte le altre spedizioni, stimavano di trovare un compenso alle fatiche ogni qual volta venisse lor fatto discontrarsi col nemico, que’ re e que’ popoli, tutti intenti poc’anzi a impedire la costruzione del ponte, abbattuti e compresi da grave timore, si diedero sbandatamente a fuggire; e deposto l’indomabil furore, affrettavansi a trasportar più lontano le famiglie e le ricchezze. Quindi, rimossa ogni difficoltà, e fattosi il ponte più presto che non s’aspettavano quelle trepide genti, i nostri soldati comparsi sul territorio dei Barbari passaron pei regni di Ortario senza recar verun danno. Ma quando poi giunsero alle terre dei re tuttora avversarii, discorrevano intrepidi per mezzo al suolo di que’ rivoltosi abbruciando e rubando ogni cosa. E dopo aver messo il fuoco agli steccati ond’eran difese le deboli loro abitazioni, ed ucciso gran numero d’uomini, e veduti molti cadere, molti rivolgersi al supplicare, essendo finalmente pervenuti a quel luogo ch’ei chiamano Capellazio o Palas1, e dove alcuni termini distinguevano i confini degli Alamanni e dei Borgo-
- ↑ Forse Capello, piccola città nel ducato di Cleves.