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LAVDA .XXXVIIJ. 53

La speranza enflammame       d’auer saluatione,
     nestante è desperanza       de mia conditione;12
     sperare & desperare,       star en una magione,
     tanta contentione       nolla porrìa narrare.
Giogneme una audacia       sprezar pena & morte,
     nestante lo temore       uede cadute forte,16
     securtà & temore,       demorare en una corte,
     tant’è le capeuolte,       chi le porrìa stimare?
So preso d’iracundia       contra lo mio defecto,
     la pace mostra, ensegname       che so de mal enfecto,20
     pacifico & iroso       contra lo mio respecto,
     gran cosa è de star recto       a nulla parte piegare.
Lo delectar abracciame       gustando el desiato,
     lo tristore abatteme,       sottracto m’è l prestato,24
     tristare & delectare       nello suo comitato,
     lo cor è passionato       en tal pugna habitare.
Se io mostro al proximo       la mia conditione,
     scandalizo & turbolo       de mala opinione;28
     s’io uo coperto, uendoglme       & turbo mia magione;
     questa uexatione       non la posso mucciare.
Despiaceme nel proximo       se uiue sciordenato,
     & piaceme el suo essere       buono da Dio creato,32
     de stare en lui innoxio       grande è phylosophato,
     lo core è uulnerato       en passionato amare.
L’odio mio legame       a deuerme punire,
     discretion contrastali       che non deggia perire;36
     de farme bene en odio       or chi l’odì mai dire?
     altro è lo patire       che l’udir parlare.
Lo degiunare piaceme       & far grande astinenza
     per macerar mio asino       che non me dia encrescenza;40
     & esser forte arpiaceme       a portar la grauenza
     che dà la penitenza       nello perseuerare.
Lo desprezare piaceme       & de gir mal uestito;
     la fama surge, enalzame       de uanità ferito;44
     da qual parte uoluome,       parme d’esser intuito;
     aiuta, Dio infinito!       & chi porrà scampare?
Lo contemplare uetame       d’essere occupato,
     lo tempo a non perderlo       famme enfacendato;48
     or uedete el prelio       ch’à l’omo nel suo stato!
     a chi non l’à prouato       non lo pò imaginare.
Piaceme el silentio,       bailo de la quiete;
     lo bene de Dio arlegame       & tolleme silete;52
     demoro infra le prelia,       non ce saccio schirmete,
     a non sentir ferete       alta cosa me pare.