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24 | JACOPONE DA TODI |
O penar, non sai finire né a fin giamai uenire;36
sì perseueri tuo ferire como fosse comenzata.
Non fatiga el feredore, el ferito non ne more,
or te pensa el bello amore che sta en questa uicinata.
La pena è consumatiua, l’alma morta sempr’è uiua,40
et la pena non deriua de star sempre en me adizata.
Penso ch’io sirò damnato, nullo bene agio operato
& molto male acumulato en la mia uita passata.
Frate, non te desperare; paradiso poi lucrare44
se te guarde dal furare l’onor suo che t’à uetata.
Teme, serue et non falsare; et combatte en adurare;
si è ’n bon perseuerare, prouerai l’umiliata.
Le tre stantie sequente erano in alcuni libri
inanti le tre ultime.
O lamento mio lamento, o lamento con tormento, 48
o lamento co m’ài tento, de tal machia m’ài sozata!
O corrocto mio corrocto, o corrocto pien de locto,
o corrocto, ó m’ài adocto che sia nel foco soterrata?
Conscientia mia mordace, tuo flagello mai non tace;52
tolta m’ài dal cor la pace & con Dio scandalizata.
De frate Ranaldo quale era morto. .xvij.
FRate Ranaldo, doue sè andato de quolibet sì ài disputato?
Or lo me di’, frate Ranaldo, ché del tuo scotto non so saldo;
se èi en gloria o en caldo, non lo m’à Dio reuelato.
Hònne bona conscienza che l morir te fo en patienza;4
confessasti tua fallenza absoluto dal prelato.
Or ecco ià la questione: se hauesti contritione,
quella ch’è uera ontione che destegne lo peccato.
Or sei ionto a la scola, oue la uerità sola8
iudica omne parola & demostra omne pensato.
Or sei ionto a Collestacte, do se mostra li toi facte;
le carte son fore tracte del mal & ben ch’ài oprato.
Ché non gioua far sofismi a quelli forti siloismi,12
né per corso né per risme che lo uero non sia apalato.
Conuentato sè en parese a molto onor & grande spese;
ora èi ionto a quelle prese che stai en terra attumulato.
Aggio paura che l’honore non te tragesse de core16
a tenerte lo menore fratecello desprezato.
Dubito de la recolta che dal debito non sia sciolta,
se non pagasti ben la colta che l Signor t’à comandato.