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LAVDA .IIJ. 7

Lo uerbo creans omnia       uestito è ’n te uirginia,
     non lassando sua solia,       diuinità encarnata.
Maria porta Dio homo,       ciascun serua l suo como;40
     portando sì gran somo       & non essere grauata.
O parto enaudito,       lo figliol partorito
     entro del uentre uscito       de matre segellata.
A non romper sogello       nato lo figliol bello,44
     lassando lo suo castello       con la porta serrata.
Non sirìa conuegnenza       la diuina potenza
     facesse uiolenza       en sua cas’albergata.
O Maria, co faciui       quando tu lo uidiui?48
     or co non te moriui       de l’amore afocata?
Co non te consumaui,       quando tu lo guardaui
     che Dio ce contemplaui       en quella carne uelata?
Quand’esso te sugea,       l’amor co te facea,52
     la smesuranza sea       esser da te lactata?
Quand’esso te chiamaua       et mate te uocaua,
     co non te consumaua       mate di Dio uocata?
O Madonna, quigl’acti       che tu haueu’en quigl facti,56
     quigl’enfocati tracti       la lengua m’àn mozzata.
Quando l pensier me struge,       co fai quando te suge?
     lo lacremar non fuge       d’amor che t’à legata.
O cor salamandrato       de uiuer sì enfocato,60
     co non t’à consumato       la piena enamorata?1
Lo don della fortezza       t’à data stabilezza
     portar tanta dolcezza       ne l’anema enfocata!
L’umilitate sua       embastardìo la tua,64
     c’ogn’altra me par frua       se non la sua sguardata.
Ché tu salist’en gloria,       esso sces’en miseria;
     or quigna conueneria       ha enseme sta uergata?
La sua humilitate       prender humanitate,68
     par superbietate       on’altra ch’è pensata.
Accurrite, accurrite,       gente; co non uenite?
     uita eterna uedite       con la fascia legata.
Venitel’a pigliare,       ché non ne può mucciare,72
     che deggi arcomperare       la gente desperata.


Contentione infra l’anima et corpo.          .iij.


     AVdite una ntenzone       ch’è nfra l’anima e l corpo;
     battaglia dura troppo       fin a lo consumare.
L’anima dice al corpo:       facciamo penitenza,
     ché possiamo fugire       quella graue sentenza4