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156 | JACOPONE DA TODI |
parme più forte ad transire honore en profonda humilitate,
che non è soffrir mia uilitate en forteza abracciata de core.
Altro cantico nel quale pur se parla de anichilatione & trasformatione, come nella .lxxxx.1 lauda de sopra posta. Et in due stantie de questa appare defecto. .lxxxxv.
QVe farai, morte mia, che perderai la uita?
guerra infinita sirà tuo cuor demorare.
Or que farai, morte mia, che perderai la uita?
se io t’aggio nutrita, io me ne pento;4
& poi la morte non tornai a uita, guerra infinita
sì t’arepresento; però taccio & assento,
quel che uoglio non faccio & quel che uoglio desfaccio;
la lengua ne taccio co homo obstinato.8
Non enante la morte se troua la uita;
oimé, te uita porrìate trouare;
ma pò la morte se truoua la uita,
ma perde la uita cotal demorare;12
elato me pare cotal exercire,
non può peruenire a lo infinito stato.
Oimé, & io per te uo te fugendo,
parlando tazo, lassando allazo,16
dentro a la pelle sta lo encreato.
Oimé, la tua pelle è tanto rocta,
che dentro non può stare; or facciamo che sia morta,
la uita sua fori a lo scorticare per fede te conuien passare,20
et desperanza trouare, del bene et del male
esser scortecato.
Dentro a lo scortecato s’è remesso colui che uo cercanno,
or faciam che sia quesso uoler morir per non uiuere entanno;24
par molto cosa dura la morte & la uita far una,
moczare omne figura & non posseder nullo aspecto.
Moczata omne figura de lo suo iudicato,
cacciato omne sospecto de lo suo principato,28
negato el suo uolere como non fusse nato,
homo anichilato uiue nel suo auetare.
- ↑ Così nel testo; ma veramente è la .lxxxxij.