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116 JACOPONE DA TODI

Lo ntellecto, poi che gusta       lo sapor de sapienza,
     lo sapor sì l’asorbisce       nella sua gran complacenza;32
     gli occhi d’entelligenza       ostopiscon del uedere,
     non uoglon altro sentire11       se non questo delectare.
L’affecto non se cci acorda,       ché uol altro che uedere,
     ché l suo stomaco se more       se non i porge que paidire;36
     uole a le prese uenire,       sì ha feruido appetito,
     lo sentir che gli è fugito       piange senza consolare.
Lo ntellecto dice: tace,       non me dare più molesta,
     che la gloria che io uegio       sì m’è gaudiosa festa;40
     non me turbar questa uesta,12       deuerìe esser contento
     contentar lo tuo talento       en questo mio delectare.
Oimé lasso, que me dici?       par che me tenghi in parole,
     ché tutto el tuo uedimento       sì me paion che sian fole,44
     ché consumo le mie mole,       ché non hone macinato,13
     et tanto agio degiunato       et tu me ne stai mo a gabare.
Non te turbar se me uegio       beneficia create,
     cha per esse sì conosco       la diuina bonitate;48
     siram reputati engrate       a non uolerle uedere,
     però te deuerìa piacere       tutto sto mio fatigare.
Tu ce offendi qui la fede       de gir tanto speculando,
     et la sua immensitate       de girla abreuiando;52
     et uai tanto asutigliando,       che rompe la ligatura
     et toglime l tempo & l’ura       del mio danno arcouerare.
Lo ntellecto dice: amore       ch’è condito de sapere,
     pareme più glorioso       che questo che uoi tenere;56
     se io me sforzo a uedere       chi, a cui & quanto è dato,
     serà l’amor più leuato       a poterne più abracciare.
A me par che sapienza       en questo facto è iniuriata,
     de la sua immensitade       hauerla sì abbreuiata;60
     per ueder cosa creata,       nulla cosa n’ài compreso,
     et tiemme sempre sospeso       en morirme en aspectare.
La bontade n’à cordoglio       de l’affecto tribulato,
     poneglie una noua mensa,       ché ha tanto degiunato;64
     lo ntellecto è admirato,       l’affecto entra l’à tenuta,
     la lor lite si è finuta       per questo ponto passare.
Lo ntellecto sì è menato       a lo gusto del sapore,
     l’affecto trita coi denti       et enghiotte con feruore,68
     poi lo coce co l’amore,       traine l fructo del paidato,
     et ai membri ha dispensato       donde uita possan trare.


De la diuersità de contemplatione de croce.          .lxxv.


     FVggo la croce che me deuora,
     la sua calura non posso portare.