Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
396 |
noa si convenia. E quando gli domane!?) uno danaio,
sì disse: A re non conviene sì picciol dono fare. Quegli ebbe maliziosa scusa, eh’ egli poteva ben donare uno bisante, però ch’egli era re; e potevagli donare un danaio, però che quegli ’1 dimandava era povero. Ma Alessandro la fece meglio quando donò una città ad uno uomo, e quegli disse, eh’ egli era di troppo basso affare ad avere città. Alessandro gli* rispose: Io non pongo cura che cosa tu debba avere, ma qual cosa io debba donare.
Lo maestro dice: Appresso ti guarda, che tu non ti lamenti di colui che ti sa grado di quello che tu l’hai ’ servito: egli è meglio se tu te ne ridi ’; ma se tu ti lamenti, ed egli n’abbia ira ^, egli starà sempre dottoso di sua vergogna. Ma immantinente che tu te ne lamenterai, sua vergogna è andata; e dirà ciascuno: Quegli non è tale come noi credevamo. Non sia simigliante a lui *. S’egli non ti sa grado d’un dono fatto, egli ti saprà d’un altro. S’egli dimentica li due, lo terzo gli ricorderà quelli ch’egli dimentica. Che ragione ha di crucciarsi colui a cui hai donate grandi cose, sì che quegli che è tuo amico ti diventa nimico? Sii
1) Aggiunto l’, col t: ce que tu as deservi vers lui^
2) Il t: se tu t’en fais.
3) Ut: il en empirera.
.4) Corretto al loro, in a lui, col t: a luy.