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comune, tuttavia ciò che ciascuno ha, è suo proprio;
e se alcuno ne dimanda più, lascia dirittura d’umana compagnia; e di ciò vegnono tutte discordie, che ’ tu ti sforzi di tornare le mie cose in tua proprietà. Seneca dice; Meglio vivrebbero gli uomini in pace, se queste due parole Mio e Tuo fossero levate del mezzo.
Tullio dice: Lo terzo officio del renditore*, è dipartire li rei dalla comunità degli uomini, sì come fa l’uomo d’alcuno corrotto membro, perchè non corrompa gli altri; così dee l’uomo la fellonia e la crudeltà degli altri malvagi dividere dalla compagnia de’ buoni, eh’ elli sono uomini, non per opera, ma per nome tanto. Qual differenza ha egli dunque se alcuno si muta in fiera salvatica, o egli ha sembianza d’ uomo, e crudeltà di bestia? Le piaghe che non sentono sanità per la medicina, debbono essere tagliate dal ferro. Dunque non dee l’ uomo perdonare a tale uomo. Seneca dice: Lo giudice ^ è dannato, quando il malfattore è assoluto. Tullio disse: Lo giudice si dee guardare d’ira quando giudica, che in ira non potrebbe vedere lo mezzo fra ’1 poco e il troppo. Cato dice: L’ ira impedisce lo animo, sì
1) Mutato e, in che, che ha riscontro con ciò, col t: ce. que.
2) Agg’iunto del Tenditore, col t: de roidor.
3) Corretto lo giusto, in lo giudice, col t: li piges.