Pagina:Latini - Il Tesoro, 3, 1880.djvu/356

352

morrai. Sicurtà risponde: Io credea che tu dicessi

novella cosa, ma per morire vivo io, e a ciò umana natura mi mena ciascun giorno; che così tosto come io nacqui, mi mise ella questo termine; si che io non ho di che mi crucci ’; ma io dico per mio sacramento, che folle cosa ò di temere quello che l’ uomo non può schifare. Lucano dice: Morte è pena ultima ^ e non la dee l’ uomo dottare. Orazio disse: Morte è lo diretano termine di tutte cose. Seneca disse: Chi prolunga la morte, non ne scampa ^ Paura dice: Tu morrai. Sicurtà risponde: Io non sarò ne ’1 primo, né ’I sezzaio. E uomini sono iti dinanzi noi, e uomini ci seguiteranno, ciò è la fine dell’umana generazione. Nullo savio dee essere dolente di morte, eh’ è la fine del male. Io non so ch’io sia altro che uno animale ragionevole, che dee morire. Nulla cosa è grave che non addiviene più che una volta. Per questa condizione * sono tutte cose ingenerate, che tutte cose che hanno cominciamento, hanno fine. Egli non è strana cosa il morire. E se io so bene che io debbo morire, a ciò non posso contraddicere. Id 1) Corretto cruccia in crucci, col t: ie me corrouce.

2) Corretto ma in ultima, col t: derraine poine.

3) Aggiunto ne, col senso, e col T: n’ en eschape.

4| Mutato per qxieste condizioni in per questa condizione, col T: |)flr ceste condicion.