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Capitolo XXIX. Di sobrietade ’.

Sobrietà è a domare ^ lo diletto dell’ assaggiare, e ^ della bocca, per temperanza di ragione. A questa virtù e’ induce la natura, quando fece sì piccola bocca a così grande corpo. E dall’altra parte gli fece due occhi e due orecchie, e non gli fece più che una gola * e una bocca. Ma molto ci sprona a ^ sobrietà il diletto della gola, che non dura se non quant’ egli passa per la gola, e ’I dolore della malizia che te ne dee venire dura lungamente. Considera dunque, che ogni cosa immantenente che r è mangiata, si è corrotta; che non è così degli altri sensi, che per vedere, o per udire una bella cosa, non è però corrotta. Sa li Corretto il titolo: Ancoì’a parla qui del diletto, in Di sobrietade, col t: De sobriété.

2) Corretto ancora dottare, in domare, col t; donter.

3) Aggiunto e, col t: et de la bouche.

4) Una gola, è giunta di Bono.

5) Mutato spone, in sprona, col t: semont. Poco sopra semont, è tradotto induce.