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il riprende ’. Lo maestro disse: La natura degli

uomini ò tale, clic elli giudicano più to.■«’to le altrui cose, che le loro; e ciò addiviene perchè nella nostra cosa noi siamo impacciati ’, in troppo grande gioia, o in troppo grande dolore, o d’altre cose simiglianti, perchè noi non potemo giudicare la cosa secondo ( h’ ella è. Però comanda la legge romana, che r uomo debba aver avvocato nella sua propria causa. Ma egli addiviene, non so come, che noi vediamo in altrui far male piìi tosto che in noi, e che neir occhio d’ un altro puote l’uomo vedere più tosto un picciol busco, che nel suo una gran trave. E così vede l’uomo lo male del suo vicino ^ di suo compagno, che gli va dinanzi, che il suo, eh’ è dirieto a lui. Ed in tutta questa virtude \ Tullio dice, che l’ uomo dee schifare due vizii. L’uno è, che noi imprendiamo le cose che noi non sapemo per diritta saputa; e che noi ci assentiamo follemente, che ciò è presunzione. Egli

1) 11 T: laide chose eut mi, mnistre, quant il est entechiez de la colpe que il blasme en aîctrui.

2) Corretto in pecca, in impacciati, col t: nos somes cmpeschè.

3) Del suo vicino, manca al t.

4) Corretto ed in tutte queste cose è rirtude. Tullio dice, in ed in tutta questa virtudc, Tullio dice: col t: en toute ceste vertu, dit Tulles. Ommessu poi non, prima di ci assentiamo, col T.