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di cui è armata la punta, trafigge, e tira fuori la

larva. Quando i picchi a far ciò sono in qualche numero, empiono il bosco di strano romore. Essendo molle e viscosa l’altra parte della superficie della lingua, con essa prendono le formiche, insinuandola nella apertura de’ formicai. Talvolta le prendono mentre a schiere vanno e vengono dalle loro tane. A ciò si riducono i portenti narrati dal nostro maestro.

Nei boschi della provincia di Verona questo uccello è chiamato ingozzo, e spizzòccaro. Il primo nome deriva da ’picus: il secondo da sjniz, "punta, che si riferisce al suo becco. Nei paesi stessi è chiamato spizzucchino, il tagliapietra, che spizzucca i marmi.

Picchio, pigozzo, spizzocaro hanno visibilmente una medesima radice onomatopeica.

Capitolo XLI.

Questo capitolo è compendiato dal cap. XL di Solino.

Le stampe leggono: «Il leone ch’è forte e orgoglioso sopra tutte le cose, e per la sua fierezza è sì fetido ciascun dì, che ispezza la sua gran crudeltade ecc.» La stampa del 1474 legge fedito. Il ms. Ambrosiano, legge ferito. Il Serio crede, che Bono scrivesse fedito (corrotto poi in fetido), leggendo nel t: «Et quo par sa grani fìorto osi si plaio