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Dante ripeteva la lezione del maestro Brunetto:
Così per li gran savi si conlessa,
Che la fenice muore e poi rinasce,
Quando al cinquecentesimo anno appressa.
Erba nè biada in sua vita non pasce,
Ma so’ d’incenso lagrime e d’amomo;
E nardo e mirra son l’ultime fasce.
( Inf. XXIV.)
Il bello augel che più d’un secol dura
(Oì’kmdo Furioso XXV.)
l’augel che si rinnova.
E sempre unico al mondo si ritrova
(Chiando Furioso XXVI).
Ove rinasce l’immortai fenice,
Che tra i fiori odoriferi, che aduna
All’esequie, ai natali, ha tomba e cuna
(Gerusalemme Liberata XVII.)
È la fede degli amanti
Come l’araba fenice:
Che vi sia, ciascun lo dice:
Dove sia, nessun lo sa.