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Tacito, critico tanto severo, fu iugaunato dalla

generale credenza. Scrive negli Annali, (lib. VI, cap. 28,) secondo la traduzione del Davanzati: «Essendo consoli Paulo Fabio e L. Vitellio, voltati molti secoli venne la fenice in Egitto: materia ai dotti della contrada e della Grecia, di molto discorrere di tal miracolo. E degno fia ove convengono, ove discordano, raccontare. Tutti scrivono essere questo uccello sagrato al sole: nel becco, e penne scriziate, diverso dagli altri. Degli anni, la più comune è, che ella venga ogni cinquecento; alcuni affermano, millequattrocentosessantuno: e che un’altra al tempo di Sesostride, altra di Amaside, la terza di Tolomeo, terzo re di Macedonia, volarono nella città d’Eliopoli, con gran sèguito d’altri uccelli, corsi alla forma nuova. È molto scura l’antichità: da Tolomeo a Tiberio, fu meno di dugencinquaut’anni; onde alcuni tennero questa fenice non vera, ne venuta di Arabia; e niente aver fatto dell’antica memoria. cioè che forniti gli anni, vicina al morire, fa in suo paese suo nidio; gettavi il seme; del nato e allevato feniciotto la prima cura è di seppellire il padre; a caso noi fa, ma provasi con un peso di mirra a far lungo volo; se gli riesce, si leva il padre in collo, e in su l’altare del sole lo porta e arde: co.e incerte, e contigiate di favole. Ma non si dubita che qualche volta non si vegga questo uccello in Egitto.

L’anno del consolato di Paulo Fabio e L. Vitellio, è il 34 dell’era volgare.