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I uosti’i trocentisti riixjLerono a bencticio dclki

sonerento luuaiiiLà la prodijiiosa virtù della calaudra, e del calandrino. Se il numero dei testimouii bastasse a dimostrar che è ciò che non è, la prodiposa virtù della calandra sarebbe dimostrata a meravifiiia. «Un uccello che ha nome calandrino, ha cotale propi-ietìi, che si porrà dinanzi allo infermo; se lo inlermo dee morire, non gli volge lo cai)o, e non lo guata mai; se lo ’ulermo dee guarire, sì lo guarda, e ogni sua malattia gli toglie (Fiore di Virtù)» «Calandrino, ovvero calandra, è un uccello, che ha questa natura, che essendo portato innanzi allo infermo, se egli dee morire gli volge il capo, e non lo guata mai; e se lo infermo dee campare, sì lo guata, ed ogni malanno gli leva da dosso (Franco Sacchetti, Op. div. XC).» Ed il Pulci nel canto XXV del Moì-gante maggiore:

Non so se del calandro udito hai dire,
Il qual posto aT infermo per obbietto,
Si volge a drieto, se quel dee morire;
Così al contrario, pel contrario effetto.

Dell’allodola, consanguinea della calandra, cantò Dante:

Qual lodoletta che in aere si 8jazia
Prima cantando, e poi tace contenta
Dell’ultima dolcezza che la sazia.

(Par. XX. ì