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Capitolo LI.
Della natura di più cani ’.
Cani non veggono quando nascono, ina poi ricoverano loro veduta, secondo l’ordine di sua natura. E tutto ch’ellino arnan l’uomo più elio niun altro animale del mondo, elli non conoscono le strane genti, se non coloro con cui usano, e si conoscono bene loro nome, e la boce di loro signore *.
Le sue piaghe guarisce, forbendole con la sua lingua. Spesso o’gitta "^ il suo pasto, e poi il rimangia ^ E quando egli porta carne in bocca ^ e egli vada sopra acqua, che veggia la sua ombra nell’acqua di quello che ha in bocca, incontanente lascia quello che porta per quello che vede nelr acqua ^
1) 11 t, ed il ms. Vis.: l)es chien!.
2) Mutato all’I, bore, in e la hoce, col ms. Vis. e col r. el si entent son non, et recognoist la voiz son viaisfrc.
3) Spesso, manca al t: il garit ses plaies à sa langne.
4) Qui va lo spesso, erroneamente accodato al periodo precedente. Mutato e gitta, in spesso e’ gitta, col ms. Vis. e col t: savent vomit son past, et puist remanjve.
5) Il t: char, ou autre chose.
6) Il t: por prendre ce qui est néant.