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quello che erano; ma loro essere stati uomini mostra la forma del corpo umano che ancora ritengono; laonde, essendosi in malizia convertiti, hanno ancora la natura umana perduto. Ma conciosiacosa che sola la bontà possa far gli uomini più che uomini; di necessità è la malvagità faccia meno che uomini tutti coloro, che ella dalla umana condizione ha tolti e avvallati. Avviene dunque, che cui tu vedi trasformato da’ vizii, non possi uomo riputarlo. Uno che toglie per forza l’altrui ricchezza tutto caldo d’avarizia, si può dire che sia simile a un lupo. Un altro che si diletti di porre agguati e pigli piacere d’involare l’altrui con inganni e frodi, si può adeguare alle golpi. Chi non possente raffrenar l’ira, rugge e fremisce per la stizza, si creda aver animo di lione. Alcuno pauroso e fugace, il quale dotti eziandio le cose che non sono da temere, sia a’ cervi tenuto simile. Alcuno altro infingardo e balordo stà come se fusse tutto d’un pezzo ed intormentito, dicasi che vive la vita degli asini. Chi, essendo leggiero e incostante muta voglie e pensieri a ogn’ora, non è in nulla dagli uccelli differente. Colui, il quale nelle sporche e sozze lussurie s’attuffa, piglia quei medesimi brutti piaceri che i porci pigliano. E così avviene, che chi, abbandonata la virtù, lascia d’essere uomo, non possendo egli divenire Dio, si tramuta in bestia.»
Della Consolazione della filosofia, libro IV prosa 3 traduz. Benedetto Varchi.