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ed aggiunge di avere interrogato viaggiatori, o chiesto informazioni da navigatori (lib. V. c. 14). Declina almeno per parte sua ogni responsabilità, nominando l’autore nel quale ebbe a leggere il prodigioso fatto, o fenomeno, della verità del quale non si dà a vedere del tutto persuaso. Vi fa capolino la critica.
In fatto di storia leggendaria, quantunque ne sovrabbondi, sospetta talvolta che sia mito allegorico quello che si spaccia comunemente quale verità storica. Non crede all’aneddoto di Remo e Romolo allattati dalla lupa (lib. I. c. 35). Spiega moralmente la favola delle sirene (lib. IV c. 7.). In ciò, a dir vero, doveva avere avuto maestri Cicerone ed Orazio: il primo dei quali dice novelletta inventata per abbindolare il povero popolo, quella di Romolo e Remo: il secondo nell’epistola a’ Pisoni interpreta in senso politico il mito di Amfione e di Orfeo. Anche Dante, discepolo di Brunetto, canta di Romolo:
e vien Quirino
Di sì vil padre, che si rende a Marte
(Par. VIII)