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solamente chi di esse abusò. Credette anch’egli alla sua stella.

Credette, ed anzi si fa predire appunto dal maestro Brunetto:

               Se tu segui tua stella,
Non puoi fallire a glorioso porto,
Se ben m’accorsi nella vita bella (Inf. XV).

Ed il Petrarca:

Non mio voler, ma mia stella seguendo.
     Il dì che costei nacque, eran le stelle
     Che producon fra noi felici effetti,
     L’una ver l’altra con amor converse (Canz. XV. 5).

Dante nel XXII del Paradiso si congratula colla costellazione dei Gemini, dalla quale, come da causa seconda, riconosce il suo ingegno:

     O gloriose stelle, o lume pregno
Di gran virtù, dal quale io riconosco
Tutto, qual che si sia, il mio ingegno;
     Con voi nasceva, e s’ascondeva vosco
Quegli, ch’è padre d’ogni mortal vita;
Quand’i’ sentii da prima l’aër tosco.

L’amanuense, e tutti i tipografi, non furono paghi che Brunetto accennasse alla ricerca della distanza dal cielo alla terra: ricerca vana, quando non sia scientificamente determinato che cosa si voglia dire col nome di cielo1. Vi aggiunsero senza più la



  1. Cielo coelum, χὂιλον, cóncavo.