Pagina:Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena.djvu/11

volontari e di alcuni studiosi, fra cui ricordiamo Gino Vinicio Gentili e Benedetto Benedetti e i successivi lavori del compianto Fernando Rebecchi, non avremmo avuto neanche quelle poche informazioni e quei resti, certo parziali ma estremamente significativi, che ci sono giunti.

Gli anni Ottanta videro un sostanziale mutamento. Nel 1985 fu intrapreso il primo vero e proprio sondaggio stratigrafico nel sottosuolo della città, al di sotto dell’attuale sede centrale della Rolo Banca, fra via Albinelli e via Selmi. Benché il sondaggio fosse circoscritto entro pochi metri quadrati i risultati andarono ben oltre le speranze più ottimistiche. Gli scavi restituirono resti di muri di un edificio, probabilmente una domus, una quantità estremamente consistente di resti archeologici, comprese quarantotto anfore usate presumibilmente per bonificare un corso d’acqua deviato; il particolare stato di conservazione dei resti ha consentito di ottenere dalle analisi archeobotaniche e zooarcheologiche importantissime informazioni sulle specie coltivate e allevate e sulla dieta degli abitanti di Mutina.

All’inizio del 1989 la realizzazione della mostra Muthina, Marina, Modena. Modena dalle Origini all’anno Mille e l’edizione dei due monumentali volumi di catalogo che l’accompagnarono rappresentarono la svolta decisiva. Tutte le informazioni archeologiche della città e del territorio furono inserite all’interno del Piano Regolatore Generale e Modena fu la prima città in Italia a dotarsi di normative specifiche per la tutela archeologica all’interno degli strumenti di programmazione urbanistica e territoriale di competenza dell’Ente Locale. Uno strumento che si è dimostrato vincente nell’affiancare efficacemente l’azione di tutela della Soprintendenza e nella programmazione degli interventi di trasformazione che vogliano tener conto delle preesistenze archeologiche. Il modello fu così successivamente esteso, grazie all’interessamento della Provincia di Modena, a gran parte del territorio provinciale, ed è stato alla base del sistema informatizzato C.A.R.T. adottato dalla Regione Emilia Romagna.

Nel corso di questi ultimi anni dunque l’azione di tutela, svolta dalla Soprintendenza per i


11