Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/39


DE PARADOSSI 16


sono veramente produttrici de strani et dolenti effletti, vego io senza fallo, quas tutti e suoi seguaci, tristanzuoli, tiscuzzi, fracidi, catarrosi, et per conseguente di volto stampato del colore di morte, d'una difficile et vitiosa natura, pieni d'alterezza, colmi d'orgoglio, sprezzatori delle dolci conversationi, memici mortali delle donne che sono però (quando buone si ritrovano) l'honore et la gioia del mondo. Vantadori di piu, sospettosi, lunatici, bugiardi, et perché nostro signor Iddio previdde, che tali, esser doveano, quali ue gli ho in poche parole dipinti, lasciò che la scrittura santa amorevolmente n'ammonisce al non essere se non sobriamente dotti. Temendo che se troppo nelle dottrine ci profundassimo, non cadessimo in mille gravi danni, nella quale troviamo anchora scritte queste parole, NOLI ALTUM SAPERE, SED TIME, non volere sapere huom ne investigare le cose alte, ma sta in timore, et Paulo apostolo non mostra egli d'haver sprezato ogni litteratura poi che Cristo conobbe? non scrisse egli a' Corinti che nulla voleva sapere fuor che Cristo crucifisso? et che non era venuto instrutto di humana sapienza, ne di artificio retorico? non dice similmente la scrittura, che la scientia gonfia. Se gonfia, et non edifica gli animi in Dio, che ne vogliamo noi fare? Non si afferma anchora nella medesima, che la sapienza di questo mondo, e nel cospetto d'Iddio una mera stoltitia? et chiunque cerchera le cose alte, sara oppresso dalla