Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/196


IL SECONDO LIBRO

altrui gracchiare a suo piacere, et io attenderò a' casi miei, non posso pero fare che gran pietà non habbia di chi si lascia cosi facilmente cattivare l'intelletto, et legare il giuditio, di maniera, che come si converrebbe, non discorra, ma fu sempre questo un'antico errore, et credomi introdotto fusse dalla Tirannia di Pitagora, il quale non sapendo per aventura render ragione di ciò ch'egli mostrava a'suoi discepoli, voleva bastasse ch'esso detto l'havesse, senza altra ragione assegnare. O temerita insupportabile, o tirannia incredibile, qual Fallari, o qual Dionisio havrebbe osato di por tal legge a suoi vasalli? Troppo gran vanita nel vero e la nostra, legandoci da noi stessi, quelli erano astretti dalla potenza et autorita del maestro c'hebbe un ingegno tirannico, noi spontaneamente come se l'intelletto nostro del tutto ocioso fusse, habbiamo messo il collo sotto il giogo ponendo in catedra questo animalaccio di Aristotele, dalle sue determinationi, come da un'oracolo dependendo, ne accorgendoci ch'egli sia un buffallaccio, ignorantone, al tutto indegno di tanta riverentia, et di tanto rispetto quanto gli è stato da sciocchi havuto, non mi po per anchora in alcun modo cessare la maraviglia di chi dotto l'ha repputato, essendo gli errori suoi et tanti et si manifesti. Sforzerommi di narrarne alcuni et de piu leggieri che vi sieno, che se raccontar volessi quanti ve ne