mai vi ho trovato cotal cosa, questi adunque
non sono e veri Aristoteli. Ritorno hor di nuovo
a M. Tullio, il qual scrivendo ad Attico, et delle
sue opere parlando, narra d'esser stato consigliato
di far come Aristotele nella politica, il quale,
havea fatto dir ad altrui ne que libri cio che egli
non approvava, et esso havea distesamente
scritto tutto quel che vero giudicava, dove similmente
fa mentione dell'usanza qual Aristotele
hebbe di scrivere in dialogo. Veniamo anchora
piu avanti, scrive egli nelle Tuscolane parlando del fin
nostro, et dice, vengane quel fiume
d'oro di eloquentia, et in molti altri luoghi
sempre lo allega, come eloquentissimo, politissimo.
Et pieno di ogni vago ornamento, e dove
consiste questa tanta eloquentia? dove si vede
questa larga copia di oratione? qual huomo
esercitato nella lingua Greca confessa, o
ammira questo splendore di parole? tutti confessano
ben volentieri, che elle sieno convenevolmente
proprie, ma non pero molto eleganti et dolci.
Fu per questo da molti filosofi giudicato, che
lo libro del mondo non fusse di Ariftotele, per
esser assai piu degli altri terso et facondo
ispetialmente essendovi davanti il prohemio, et
facendosi di quello, ad altrui dono, cosa da lui
ne gli altri suoi volumi non usata, non e anche
solito Aristotele di far prohemii longhi, ne di
porvi lo nome di alcuno. Veniamo hora alli