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DE PARADOSSI 89

gnificano sopra tutti e libri in qual si voglia lingua scritti, chiamandolo un moderno Cicerone, questo adunque essaminaremo noi alquanto, non pero con molta diligentia per non parere contra di lui appassionati. Primieramente esso (che n'è l'autore pieno di tutte l'altre sue compositioni lo stimo, donde come hò già detto tuttavia mi confermo ch'egli scrivesse à caso, ne dramma di giuditio havesse, tanto istimando quel che tutti li giuditiosi sprezzarno, et avilito sopra modo, quel che noi poscia habbiamo tenuto caro, ma certa cosa è ch'esso con ragion si mosse a farne poca stima, et noi molto scioccamente facciamo, tenendolo in tanta reputatione, conciosia che la materia nella quale si esercita si vega essere leggiera, vana, et indegna d'un intelletto nobile, si conosca esser di mal essempio alle honeste fanciulle, alle caste matrone, et alli accostumati giovani, dia anchora chiaro inditio, dispregiare la santa religione. Ditemi per cortesia o Bocacceschi, cerco egli altro nella novella di Gianotto Giudeo, che di puorci in odio la santissima Romana corte, sempre chiamando la vita de preti, hor scelerata, hor lorda, non ponendo mente alla sua piu d'ogn'altra brutta. Che pensò egli quando scrisse di frate Rinaldo dellagnolo Gabriele, et di Don Felice? se non di metterci in disgratia e frati, che pur sono la siepe, et il bastione contra de gli, Heretici, et


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