to che miseri siamo, poi che non sapendo star senza
servi ò senza servidori (che quanto alla qualita
dell'animo poca differenza vi faccio) siamo a tal
conditione condutti, che se il servidore ne chiede
licentia siamo tenuti darglila, ne gli la potemo
negare. Et se da noi stessi gli la diamo, par che
egli habbi giusta cagione di lamentarli di noi
dovunque egli vada, oltre che se gli donassimo cio
che nel mondo possediamo, et gli mancasse un sol
danaio del promesso salario, n'habbiamo fatto
nulla, percioche, egli sta sempre con la bocca aperta,
et quanto piu si riempie, tanto piu se gli aumenta
l'estrema sua ingordigia, la quale, sodisfatta
che si ritrova (se pur aviene che ella si sodisfacci
mai) subbito fa disegno lasciarti non considerando
i tuoi bisogni, ne havendo riguardo alle tue necessita,
di qui avenne che alcuni gentil huomini della
citta nostra, si sono al tutto privati de servidori,
et di qui similmente avenne, che morendo nelle nostre
contrade un'huomo di altissimo intelletto dotato,
disse al terminar di sua vita, lodato Iddio
che pur esco delle mani de servidori, ne anche penso
guari sia, che per non haver a far con si mala qualita
d'huomini, un gentil cavagliere mio famigliare
si fece frate dell'ordine minore, certa cosa e che
tu non poi mai esser ben servito, se il servidore non
ti serve di buon’animo, conciosia che l'autorita nostra
per grande che sia non habbia imperio sopra l'animo
di alcuno. Deh come mi rido io spesse fia/