Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/14


IL PRIMO LIBRO


Marco Manlio. Mi ricordo havere letto in Qu.Curtio, che Abdolomino fatto Re di Sidoni sprezzasse incontanente quel regno (quantunque opulento) et per quel dispreggio, ne fusse da savi repputato assai maggiore che prima istimato non era, ben mostro egli di conoscere quanti affanni et quante angustie stessero nascoste sotto il vano splendore delle richezze , et quanti beni si chiudessero nel seno della poverta, il che fu anche ottimamente da Anacreonte poeta conosciuto il quale, havendo ricevuto in dono da Policrate Tiranno cinque talenti maggiori, due notti stette senza mai prendere sonno, et finalmente per liberarsi dalla molta molestia, nella qual per il dono posto si ritrovava, gli restitui al Tiranno, con parole degne d'un'animo che potesse fare in si humil fortuna un cotal rifiuto. Certo chiunque e povero in vita, è sempre lieto nella morte, ne visse mai alcuno in tanta poverta che morendo, non havesse disio dessere anchora piu povero. O poverta casta et humile sopra la qua le come sopra d'un stabil fondamento fondata fu la santa et vera Chiesa d'Iddio. Scrissero gia alcuni nobilissimi ingegni che la poverta ne gli antichi secoli fusse dificatrice di tutte le Citta et inventrice di tutte le buone arti, et essa sola ritrovarsi senza difetto, tutta gloriosa, et piena d'ogni vera lode, et ch'una medesima poverta fu in Aristide giusta, in Platone benigna, in Epa//