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do essi rispondere, come io t’ho detto, biastemavano. E come perciò parandomi essi tutti ignoranti, in esecuzione del comandamento tuo, non gli lasciai entrare. A quello, che solo teco cenò, perchè saggiamente, e dottamente rispose alla domanda mia, la porta apersi, avendomi egli risposto, che il cane muove la coda, e gli orecchi.


C A P I T O L O   XL.


LArghe rise abbondarono a tutti di cotal detto, e di cotal dottrina, e sapienza, e rise anco Xanto, e fu commendato Esopo, e datogli ragione: laonde disse il Filosofo. Adunque, o valorosi amici, di me non vi dolete; siccome io di voi più non mi dolgo, ma doletevi di voi stessi, e della poca vostra scienza. Dopo qualche spazio di tempo avvenne che Xanto, per cagione di trastuloò; giva per certi luoghi, dove erano molte sepolture; ed assai anticaglie, ne’ quali essendovi molti epitafi, ed epigrammi intagliati, il Filosofo leggendoli, non poco piacere pigliava delle loro argute, sottili invenzioni, e sentenze con diligenza considerandole. Quivi con esso lui, essendo Esopo, e rimirando anch’egli quelle inscrizioni, vide una colonnetta, nella quale intagliate erano queste lettere: P. Q. P. C. T. T. Queste lettere mostrò Esopo al Filosofo, e ciò che per tali lettere significare volle colui, che intagliar le fece, addimandolli, ed egli molto seco pensando, e ripensando, non potè mai cavarne costrutto, nè senso alcuno; per il che liberamente confessò non poter all’intelligenza del senso di esse penetrate. Allora disse Esopo. Se io mostro, o Padrone, per cotai lettere un tesoro nascoso,