re, ciascuno come puotè meglio alle proprie abitazioni si condusse. Il dì seguente Xanto, dopo l’aver col dormire il vino digerito, levatosi dal letto, e secondo il costume lavandosi le mani, s’accorse non aver in dito l’anello, che portar soleva. Onde addimandò ad Esopo s’ei sapeva, che fosse del suo anello divenuto; il quale rispose: Padrone, l’aver perduto l’anello è nulla, il peggio sarà, che senza casa voi ve ne rimarrete. Allora Xanto, il quale delle cose intervenute della passata cena non si ricordava. Oh perchè? diss’egli, perciocchè, rispose Esopo essendo voi jersera molto ubbriaco, prometteste di bere tutto il Mare intiero, ovvero perdere la casa vostra, ed in fede della promessa per pegno deponeste l’anello. Ciò sentendo il Filosofo, fu preso di maraviglia. E come, diss’egli, potrò io mai mantenere quello, che è vieppiù grande della fede. Poi pensando, e ripensando al caso suo, nè metodo, nè via di salvazione trovandovi, voltatosi al prudente servo, disse: Pregoti, o mio caro Esopo, che in te essendo prudenza, e maravigliose invenzioni, e lo ingegno tuo avanzando la dottrina, e cognizione di qualunque altro saputo, e dotto mi voglia consigliare, e trovar modo, ch’io non perda la casa, e vedi far sì, che, io vinca il patto, e convenzione tra quello scolare, e me stabilita, e senza mia vergogna disciogliere, e rompere si possa. Allora rispose Esopo: Il vincer Padrone, non è possibile, se già tu, come promettesti, tutta l’acqua del Mare non bevessi; ma di rompere la convenzione, e partirti dal patto agevolmente mostrerotti il movo utile, ed onorevole. Attendi dunque bene a ciò, ch’io ti dirò; La prima cosa, non voglio,