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C A P I T O L O   XXXI.

IL dì seguente venuti i discepoli a Xanto, e del desinar passato burlevolmente con esso lui ragionando, dicevano in favore di Esopo, e lui accusavano, che ciò fosse stata sua invenzione, di far filosoficamente, e con significazione, e mistero il desinare tutto di lingue, e che credevano, hai le parole di Esopo, dette in sua distensione gli fossero da Xanto inseguate, ed in cotal modo avesse il convito concertato: Ma Xanto ciò negando, ed essere altrimente affermando, crediate pur, diss’egli, non è stata mia invenzione, ma ben ciò è proceduto: dalla malizia, e tristizia d’Esopo, di cui se conosceste voi lo ingegno, come conosco io, non avreste di me cotale opinione, e spero di levarvi di cotal credenza. Io condannandomi parimente nelle spese, darovvi da cena, e quì alla presenza vostra parlerò ad Esopo di così fatta maniera, che gli farò mutare proposito e vivande.


C A P I T O L O   XXXII.

QUì dunque chiamato Esopo, comandogli, che venendo i medesimi, convitati a cenare con esso lui, ei non più comperasse le migliori, e più preziose carni, ma recasse le più cattive, e più vili, ch’ei trovar potesse; Soggiunse uno delli Discepoli: Ma vedi, che non siano fracide, e di qualche strano, e stomacoso animale. Ciò s’intende, disse Xanto, e così farai Esopo. Non dubitate diss’egli che nè più, nè meno farò, ciò che da voi mi vien comandato. Andossene Esopo ad apparecchiare la cena: nè mutò punto