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32 V I T A

C A P I T O L O   XXI.

APprossimatosi finalmente l’ora della cena il Filosofo fece a’ suoi convitati una diceria scusatoria, filosoficamente dicendo: Sapete, amici miei, che la frugalità, ed il parco vivere fu sempre dagli uomini saggi lodato, conciosiachè si mangia per vivere, e non si vive per mangiare, e la natura di ben poche cose contentasi, però iscusato mi avrete se ora da me largamente non sarete trattati; ma ben persuadomi, che allegramente, e bastevolmente oggi meco mangerete, quando che i veri amici pienamente satisfacendosi non delle vivande, ma del buon amore, e dell’allegria del viso dell’amico, e della sincerità dell’animo suo. E voi amici carissimi ora vi trovate a mangiare con un vostro benevolo; l’animo di cui qual verso voi egli si sia, a voi esser deve assai ben conto, e conosciuto. Faremo adunque giojosamente carità insieme, la sua superfluità de’ cibi da parte lasciando, ed utilmente, e sanamente meco facendo collazione, una gentile, e delicata minestruola di lente avetete, poscia alcune buone frutta dalla nostra antica Madre prodotte, delizie, che grate furono agli uomini nell’aurea età viventi. E così detto addimandò ad Esopo se la lente era cotta. Ed egli, che parte della diceria del Padrone aveva sentito, seco diceva: Se le parole empissero il ventre alla brigata, quì si cenerebbe molto bene. E volendo chiarire il Padrone se la lente fosse ben cotta, corse nella cucina, e tanto col cucchiaro ricercò e pescò, che quel grano di lente, venneli preso, ed al Padrone portollo, il quale vedendolo tenero, e frollo, disse: Or re-