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egli dire: Or che noi siamo venuti dal bagno, dacci a bere. Ma volendo Esopo insegnare al Filosofo di parlare chiaramente, perchè quel detto gli era paruto oscuro, ed improprio, corse nella stufa, e tolto un buon fiasco di quelle lavature, che scolano, ed escano dal bagno, portolle al Padrone dicendo: Ecco Signore, or bevi quanto ti piace. Xanto per il puzzo di quella fracida, e torbita acqua stomacatosi, disse: Domine, che cosa è cotesta? Rispose Esopo: Acqua del bagno, la quale come tu mi dicesti, ti ho recata. Di ciò gravamente adiratosi il Padrone disse: Col mal’anno, che ti dia Iddio, paglioffo, ignorante, io non volli dire così, e non m’intendesti. Ed Esopo disse: portami tu adunque chiaro, o Padrone, e non figuratamente, se vuoi esser inteso. Io per me non fui mai Poeta, nè Oratore. Xanto per la presenza degli amici suoi, raffrenò l’ira. Recossi poi il Filosofo a sedere per voler resciacquarsi i piedi, però comandolli, che portasse un catino di acqua. Ed egli portata quivi l’acqua, stavasi dritto, dritto, senza capire cosa fare. Xanto allora disse: Che guardi tu dappocone, perchè non mi lavi tu: Io debbo ubbidirti, rispose Esopo, e fare tanto quanto tu mi comandi. Dicestimi solamente, che io portassi un vaso d’acqua, ma non mi ha detto: Reca l’acqua, lavami i piedi, asciugameli, e poi calzami, ed altre tali cose, che soglionsi per ordine comandare. Allora Xanto agli amici suoi: voltatosi, disse: Ei mi pare aver in maestro, e non un servitore comprato.