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D I   E S O P O

C A P I T O L O   XVI.

ENtrato Esopo, alla Padrona appresentossi, la quale come ebbe veduto tanta deformità, e goffezza, trovatasi nel suo pensiere ingannata, fra lo sdegno, e l’ira, disse a Xanto. Con me tu mi schernisci; e donde mai hai tu condotto questo orrendo mostro: levamelo, dinnanzi, e così detto voltò le spalle al servo, ed al Padrone. Xanto ridendo, pregava lei dolcemente, che non volesse vituperare il suo nuovo schiavo, nè scacciarlo via, perciocchè una così rara, e gran bruttezza non manco è maravigliosa, e dilettevole, che sia una grande, e rara bellezza, dove la natura ci mostra il suo grandissimo, ed istraordinario potere, oltre che tanto più caro, diceva, ti deve essere, o Consorte, questo così contrafatto schiavo, quanto che mostrarassi la tua bellezza, per il suo paragone più bella, più leggiadra, e più graziosa. La donna nell’amaro della sua collera perseverando disse: Or tu mi vuoi pur mettere in filosofia, io t’intendo a cenno: tu vorresti pigliare un’altra donna, tanto ti sono in odio. Se tal desio ti viene, dimmello arditamente, ch’io or’ora uscirommene di casa tua: e sò bene, che tu hai intromesso questo viso di can mastino, acciocchè io me ne vada, e fugga; mentre è necessario, che io, ed egli se ne parte, non potendo io soffrire da tal balordo, e da così mostruosa cosa esser servita. Voltossi Xanto ad Esopo riprendendolo, che dinanzi, mentre che egli orinava, così prontamente parlato aveva, ed ora, che la donna l’ingiuriava nulla rispondesse; ed Esopo disse: Che vuoi