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che vive del suo, è più sicuro, che quello, che vive delle robe d’altri.


Dell’Asino, e del Vitello. 246.


P

ascendo l’Asino, ed il Vitello in un prato, vedendo essi, che al suono della Campana venivano i Soldati, disse il Vitello all’Asino: fuggiamo di qui acciocchè non siamo presi da nimici. Rispose l’Asino: Fuggi tu, che temi la morte, che a me non bisogna, perchè in mano di chi io stò, sempre ho da portar la soma.

Sentenza della favola.

La favola dinota, che non doverne temere di mutar Padroni, purchè non siano peggiori dei primi.


Della Volpe, e di alcune Donne, che mangiavano le Galline. 247.


P

assando la Volpe per una Villa, vide alcune donne, che mangiavano Galline, e dissele: Oimè meschina, s’io facessi quello, che voi fate, quanti cani, e rumori averei io dietro? una di quelle donne rispose: Noi mangiamo le cose nostre proprie, e voi le cose ad altri rubate.

Sentenza della favola.

Vuol dire la favola, che noi non avemo quell’arbitrio nelle cose d’altri, che vi hanno i Padroni.


Dei Caponi grassi, ed uno magro. 248.


E

rano tenuti alcuni Caponi ad ingrassare, il Padrone comandò al Cuoco, che ammazzasse i grassi, ed il Cuoco fece quanto gli fu imposto, lasciandone un magro da banda. Dissero i Caponi Grassi: O quanto era meglio, che fossimo stati magri, e non grassi,