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di maraviglia, e di timore divenne, e seco stesso diceva. Ora, che Esopo è guarito dal balbutire, e può dire, e ben esprimere il fatto suo, porto pericolo di non guadagnare più nulla, anzi di essere castigato dei miei mali portamenti. Ma io prevenirò lui, ed anticiperò il tempo, accuserò prima lui al Signore, che egli me accusi; acciocchè della fattoria non venghi privato. E così detto alla Città inviossi, e trovato il Padrone mostrando essere di mala voglia con viso turbato. Colui subitamente dissegli. E che diavolo hai, che così turbato, e con viso così amaro ti veggio? Allora Zena disse: Signore nella possession tua è avvenuto un miracolo, anzi un mostro. E che? disse egli, forse qualche asino, o cavallo ha partorito; o pur da qualche albero è nato un uomo? Non Signore, rispose Zena; ma Esopo, il quale come fai difficilmente le parole esprimeva, ora ispeditamente parla, e ragiona. Iddio non ti faccia del bene, disse il Padrone, poichè tu istimi ciò essere infortunio, e mostro. Sì certo, soggiunse Zena, poichè egli dice così schiettamente male, e così arditamente ingiuria gli uomini, ed i Dei; Mi ha egli ben caricato di villanie. Ma se tu sapessi il male, che di te dice, e le bestemmie sue contra i Dei, certo parrebbeti un vero ed orrendo mostro, e parrebbeti non meno della lingua, che del corpo mostruoso, e spaventevole. Di ciò adiratosi il Padrone disse: Zena io ti dono Esopo, e te lo do in tuo potere, e balìa: or fa di lui quando ti piace, vendilo, o donalo come meglio a te pare. Accettò volentieri il dono Zena, ed orgogliosamente fece intendere ad Esopo il potere, e la signoria, che sopra di lui aveva; a cui ri-