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46 capo v, crate.

vano cogli adulatori; non altrimenti che i vitelli quando sono in compagnia dei lupi, poichè nè quelli nè questi hanno vicino chi ad essi convenga, ma chi medita insidia contro di loro.

X. Sentendosi morire, disse, sovra sè stesso, cantando:

                 — Dunque vai, caro gobbo,
     E scendi, per vecchiezza, a casa Pluto.


— Era curvo dall’età.

XI. Ad Alessandro che lo interrogò, se voleva che si rifabbricasse la sua patria? rispose: Qual pro? se forse un altro Alessandro la distruggerà di nuovo.

               — E per patria doversi
     Aver la vita povera ed oscura
     Invano tocca da fortuna.


E di Diogene:

                   — Cittadino esser egli
     Che dell’invidia non paventa insidie.


— Fa menzione di lui anche Menandro, ne’ Gemelli, in questo modo:

     Però che meco in lacero mantello
     A passeggiare andrai, come la donna
     Un dì di Crate il cinico.

XII. Lasciò anche in mano a’ suoi scolari la figlia, siccome dice egli medesimo, ad essi

     Dando, per esperienza, trenta giorni.