Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/55


capo v, crate. 43

— Era appellato anche l’apriporte, perchè entrava in ogni casa per fare ammonizioni. — È suo anche questo:

     Tant’ho, quanto ho studiato, e meditato,
     E apparato di santo dalle Muse:
     Ma portossi l’orgoglio il molto e il ricco.

E che dalla filosofia egli aveva avuto:

     Di lupini una chinice, e il non darsi
     Briga di nulla.

Di suo si riporta anche questo:

     La fame, o almeno il tempo, attuta amore,
     E se questi giovar non sanno, il laccio.

III. Fiorì nella centredicesima olimpiade.

IV. Racconta Antistene nelle Successioni che in una tragedia avendo veduto Telefo con una sporta, e in tutto il resto mendico, si gettasse a dirittura alla filosofia cinica, e che, convertita la sua sostanza in danaro (era tra gli illustri) e riuniti più di trecento talenti, li lasciasse a’ suoi cittadini e si desse fortemente a filosofare, per lo che ebbe a far menzione di esso anche Filemone il comico. Dice adunque:

     E portava l’estate il mantel grave.
     Per esser sofferente, e lieve il verno.

— Narra Diocle che Diogene lo persuadesse abbandonare