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CAPO III.
Monimo.
I. Monimo siracusano, discepolo di Diogene, fu, secondo Sosicrate, famigliare di un cambiatore corinzio. Venendo frequentemente da costui quel Seniade che aveva comperato Diogene, e raccontandone le virtù, sia d’opere che di parole, fece innamorar Monimo di quello. Il perchè ad un tratto fingesi pazzo; getta qua e colà le piccole monete e tutto l’argento ch’era sul banco; tanto che il padrone lo licenziò. Ed egli subito fu di Diogene. — Spesso accompagnava anche Crate, il cinico, e co’ siffatti bazzicava, onde il padrone, che lo vedeva, stimavalo pazzo tanto di più.
II. E divenne uomo celebrato a tale, che anche il comico Menandro fa memoria di lui. In qualche suo dramma pertanto, cioè nell’Ipponico, disse così:
Sapient’uomo, o Filone, era un tal Monimo,
Ma più oscuro; nè aveva una bisaccia,
Ma tre bisacce. Pur costui, per dio,
Non fea suonare alcun motto conforme
Al conosci te stesso, o ad altri tali
Romoreggianti. Sordido, mendico
Tali cose ei neglesse; poichè quanto
Noi concepiamo tutto esser fumo disse.