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34 | capo ii |
vicendevole assenso, e che per questo fossero anche i figli comuni. — E che non era al tutto sconveniente prendere alcune cose dal sacrato, o mangiare di qualsiasi animale; nè scellerato il gustar carne anche d’uomini, come è manifesto pei costumi di altri popoli; e ciò a dritta ragione, dicendo tutte le cose essere in tutte e per tutte; e trovarsi di fatto nel pane delle carni e nell’erbaggio del pane, e degli altri corpi in ogni cosa, insinuandosi e svaporando insieme, per mezzo di certi occulti pori e gonfiezze.
VII. Ciò che dichiara nel Tieste, se pure di lui sono le tragedie, e non di Filisco eginese, suo famigliare, o di Pasifonte, figlio di Luciano, il quale, secondo che racconta Favorino nella Varia istoria, le scrisse dopo la morte di lui.
VIII. Della musica, della geometria, dell’astrologia e delle altre sì fatte cose non davasi cura nessuna, siccome inutili e non necessarie. — Era destrissimo a farsi incontro agli argomenti colle risposte, come è chiaro da ciò che si è raccontato sopra.
IX. Anche la propria vendita comportò nobilissimamente. Navigava egli ad Egina, quando, preso da’ pirati dei quali era capo Scirpalo, fu condotto in Creta e venduto. Interrogato dal banditore che cosa sapesse fare, rispose: Comandare agli uomini. Accennandogli poi un tale da Corinto pomposamente vestito (il prefato Seniade) disse: Vendimi a colui; egli ha bisogno di padrone. Così Seniade lo comperò; e conducendolo a Corinto, lo pose vicino a’ suoi figli, e gli die’ il maneggio di tutta la casa. Ed egli per tal modo si condusse in ogni