Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/440


epicuro. 413

alcun che dì favoloso; di modo che, senza fisiologia, non è dato ricevere schietti piaceri.

XII. Di nessuna utilità sarebbe l’essersi procacciata l’umana sicurezza per chi avesse paura delle cose che sono in alto, sotterra e semplicemente nell’infinito.

XIII. L’umana sicurezza non essendo che fino ad un certo punto, dal potere della diminuzione e della verissima opulenza, nasce la sicurezza che deriva dalla quiete e dalla rinuncia di molte cose.

XIV. La ricchezza della natura è limitata e facile ad acquistare; ma quella delle vuote opinioni cade nell’infinito.

XV. Poca fortuna tocca al sapiente; ma le cose grandissime e principalissime la ragione ha governato, e per tutto il corso della vita, governa e governerà.

XVI. Il giusto imperturbabilissimo; pieno di moltissime perturbazioni l’ingiusto.

XVII. Non cresce il piacere nella carne, ma varia soltanto, quando affatto si toglie ciò che addolorava per mancanza.

XVIII. Il fine della mente, che è quello del piacere, genera l’esame e di queste medesime cose e delle omogenee ad esse, che grandissimi terrori preparano alla mente.

XIX. Il tempo infinito ha come il finito pari il piacere, purchè i confini di questo misuri il discorso.

XX. E veramente la carne ricevette come infiniti i confini del piacere, e come infinito ne prepara ad esso il tempo.

XXI. Ma la mente pigliando a ragionare il fine e i