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412 | epicuro. |
VI. Onde aver fidanza degli uomini, non tenendo per un bene secondo natura nè comando nè regno, da cui ciò sarebbesi potuto qualche volta procacciare, bramarono alcuni di rendersi gloriosi e cospicui, stimando per tal modo acquistare sicurezza dagli uomini. Il perchè se la vita di costoro fu sicura, e’ conseguirono il bene della natura; se non fu sicura, non ottennero ciò che prima a questo fine desiderarono come proprietà della natura.
VII. Il piacere nessun male è per sè, ma le cose efficienti alcuni piaceri apportano perturbazioni più numerose dei piaceri.
VIII. Se ogni piacere si agglomerasse, e si trovasse col tempo in tutto l’insieme, o nelle più principali parti della natura, i piaceri non ma» differir potrebbono fra loro.
IX. Se le cose che costituiscono i piaceri dei dissoluti sciogliessero i timori dello spirito e que’ che derivano da’ fenomeni celesti, dalla morte e dai dolori, e di più insegnassero il fine delle cupidigie, non mai avremmo che rimprocciare ad essi mentre cercano di riempirsi da ogni parte di piaceri, non avendo in niun modo nè a dolersi, nè ad attristarsi; lo che è male.
X. Se al tutto non ci turbassero i sospetti delle cose celesti, e que’ della morte non mai ci stessero in cospetto (se alcun poco tuttavia ho ardito considerare i limiti dei dolori e delle cupidità), noi non avremmo mestieri di fisiologia.
XI. Non può liberarsi dai timori principalissimi chi non conosce il complesso della natura, ma crede