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epicuro. 377

so nè da parli che toccano a parti, ma misurandone nel loro particolare la grandezza, la maggiore col più, la minore col meno: Con questa proporzione dobbiamo stimare che si trovi nell’atomo anche la più piccola parte. Poichè è manifesto come in picciolezza esso differisce da ciò che veggiamo per mezzo dei sensi, ma ha la stessa proporzione; avendo noi provato che l’atomo ha la sua grandezza in questa proporzione solo in qualche cosa di piccolo, escluso il grande. Ed anco vanno considerate come assai piccole e non miste le estremità delle lunghezze, preparando esse col loro mezzo la prima misura ai maggiori ed ai minori per via di discorso nella speculazione sugli invisibili: poichè la comunanza ch’esse hanno con ciò che non muta basta a compiere ciò che havvi sin là; l’assembramento poi non può nascere da quelle cose che hanno moto. Ma nell’infinito, come più alto o più basso, non dobbiamo nominare l’alto e il basso, sapendosi che quello che è sopra il capo, in qualunque luogo si ponga, producendolo all’infinito, non mai ci si farà visibile; nè quello che è sotto ciò che abbiamo immaginato sarà insieme per la stessa ragione anche sopra e sotto; poichè ciò è impossibile ad intendersi. Quindi dobbiamo accettare un movimento superiore, che si supponga in infinito, ed uno inferiore, quand’anche ciò che noi riferiamo ai luoghi sopra del nostro capo arrivi le dieci mila volte ai piedi di quelli che sono superiori, o ciò che da noi si riferisce al basso, al capo di quelli che sono sotto; poichè il moto universale, quantunque