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epicuro. 373

noi le simpatie delle cose esteriori. Ed è poi da credere eziandio che noi vediamo le forme e le comprendiamo per l’introduzione di alcun che proveniente dall’esterno; poichè le cose esterne non ci aprirebbero altrimenti la propria natura e del colore e della forma per mezzo dell’aria frapposta tra esse e noi, nè per mezzo dei raggi o di altre maniere qual siensi di flussi, a noi provenienti da quelle, di modo che a maniera di certe quali forme, dalle cose di colori e forme simili, con adatta grandezza, ci penetrano negli occhi o nel pensiero celeremente: poscia per questa cagione, che la fantasia è espressione dell’uno e del perpetuo, e conserva la simpatia tratta dal soggetto, secondo il sostegno proporzionato ch’indi le deriva dalla riunione degli atomi per la profondezza del solido. E quella fantasia che abbiamo intensamente ricevuta nella mente o ne’ sensi, sia dalla forma, sia dagli accidenti, forma è dessa del solido, la quale nasce secondo la conseguente densità o rimanenza della fantasia. La falsità e l’errore nelle opinioni aggiunte è sempre in relazione col moto ch’è in noi stessi congiunto alla fantastica visione, ma per altro ha un concetto dal quale nasce il falso. Poichè la rassomiglianza dei fantasmi, che come in immagine si ricevono o nascenti dal sonno, o per qualch’altro intuito della mente, o dai restanti criterj, non esisterebbe nelle cose che sono e appellansi vere, se non ve ne fossero alcuni e sì fatti da applicatisi. L’ errore non esisterebbe se non avessimo ricevuto anche un altro movimento in noi stessi congiunto per